App di prenotazione ed elimina-code
Sempre più enti pubblici e privati si affidano ad applicazioni per gestire prenotazioni, appuntamenti o servizi agli utenti.
È il caso di un noto sistema di “elimina code”, utilizzato da Comuni, strutture sanitarie e professionisti.
Il funzionamento è semplice:
- l’utente crea un account con i propri dati personali (nome, cognome, codice fiscale, cellulare, email, recapito facoltativo);
- sceglie la struttura, la data, l’orario e il servizio;
- riceve un riepilogo via e-mail.
Il sistema consente anche modifiche da terzi, inserendo i loro dati personali, e raccoglie informazioni sui dipendenti degli enti (es. addetti agli sportelli).
Il software è fornito in licenza d’uso:
- i dati degli account restano sui server della società;
- i dati delle prenotazioni sono memorizzati sia sui server della società sia su quelli degli enti clienti.
La società fornitrice si occupa anche di assistenza e manutenzione, accedendo da remoto ai server dei clienti tramite VPN e credenziali fornite dagli stessi.
Il nodo dell’assistenza tecnica
Qui nasce il punto critico:
- per garantire supporto, la società accedeva direttamente ai gestionali installati presso i clienti;
- in questo modo trattava dati personali di utenti e dipendenti;
- eppure nessun cliente l’aveva formalmente nominata responsabile del trattamento
Questo ha comportato trattamenti privi di idoneo presupposto di liceità, in violazione degli artt. artt. 5, par. 1, lett. a) ed e) nonché artt. 6 e 9 e 28 del Regolamento.
Cosa tenere a mente
Il GDPR distingue con chiarezza:
- Titolare del trattamento: decide finalità e mezzi, ed è responsabile in via generale.
- Responsabile del trattamento: opera “per conto” del titolare, solo su istruzioni documentate e in forza di un contratto scritto (art. 28 GDPR).
Quel contratto deve contenere indicazioni precise su durata, finalità, categorie di dati e interessati, e non limitarsi a clausole generiche.
Lo spunto di riflessione
Il caso ci insegna che occorre sempre analizzare concretamente le attività svolte dai fornitori, con contratti chiari che specifichino compiti, limiti e misure di sicurezza.
Solo conoscendo cosa fa davvero un soggetto attivo si può prevenire un trattamento illecito.
E una provocazione: se la società utilizzasse la banca dati degli utenti per fare marketing proprio? Ne parleremo presto.
Il giudizio del Garante
L’Autorità ha confermato l’illiceità dei trattamenti effettuati dalla società:
- accesso ai dati senza un’idonea base giuridica;
- assenza di nomina a responsabile del trattamento per le attività di assistenza e manutenzione;
- mancata regolamentazione dei rapporti con i cosiddetti broker (agenti di prenotazione).
Sono state riscontrate violazioni agli artt. 5, par. 1, lett. a) ed e) nonché artt. 6 e 9 e 28 GDPR.
Per questo, il Garante ha applicato una sanzione pecuniaria di 40.000 euro, oltre alla pubblicazione del provvedimento sul sito istituzionale.
Un messaggio chiaro: la mancata chiarezza nei ruoli e nelle responsabilità si traduce in responsabilità diretta, economica e reputazionale.